domenica, luglio 11, 2010

Il nuovo suono del CD

Durante l'ultimo mese ho fatto poche prove di ascolto, quindi non ci sono clamorose novità sul miglioramento del suono dovuto al rodaggio dei cavi.
Come osservazione aggiuntiva ai post precedenti, posso ricordare che spesso, salendo di un gradino sulla scala della qualità delle elettroniche, si nota maggiormente ciò che viene tolto al suono, piuttosto che ciò che viene aggiunto e che prima non si notava.

Sembra incredibile, ma non sarei il primo ad affermare che il suono del CD è in realtà più grasso di quello che dovrebbe essere, ovvero artificiosamente gonfiato per apparire più gradevole o più aggressivo, a seconda della volontà dei produttori del disco.

L'evidenza di queste affermazioni si ha passando all'ascolto dell'alta definizione. Improvvisamente spariscono una serie di caratteristiche dell'incisione che si davano per scontate svaniscono o vengono ricollocate nello spazio.

L'analogia potrebbe essere il passaggio da un lettore CD economico a uno di fascia medio-alta: solitamente i CD economici tendono ad "urlare", ovvero a portare in primo piano tutti gli esecutori, indipendentemente dalla collocazione spaziale, appiattendo quindi la scena sonora.
Più aumenta la qualità, più la scena sonora si fa definita e molti suoni passano in secondo piano, dando quella senzazione di "dimagrimento" del suono, che in realtà è semplicemente maggiore fedeltà.

La differenza è che, con l'alta definizione, ciò accade anche a parità di sorgente, ovvero di DAC nel nostro caso: basta alimentare il DAC con due versioni a risoluzioni diverse dello stesso brano.
Personalmente ho provato con "Got to get you into my life" in Retrospective di Christy Baron (Chesky), di cui disponevo della versione a 16/44 su un sampler ricavato dallo stesso identico master a 24/96.
Ieri ho ascoltato tutto lo Schiaccianoci nella versione Philips, a suo tempo considerata audiophile. Nulla da fare: dopo gli ascolti hi-def, tornare al vecchio CD risulta molto difficile.

Anche il mitico Star Tracks di Telarc, registrato agli albori della tecnica digitale con il Sony PCM 1610, uno dei migliori album esistenti, comincia a mostrare i segni del tempo, resi più evidenti dalle nuove tecnologie, in particolare per i segnali a bassa intensità.

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